PRIMO ANTEFATTO: IL 'SACRILEGIO'
1493. Daniele Norsa si trasferisce da Villafranca (Verona) a Mantova, ponendosi sotto la protezione di Francesco II e acquista una casa presso la chiesa di San Simone.
Ante 26 maggio 1495. Norsa ritiene che alcune figure sacre affrescate sulla parete esterna della casa acquistata possano essere sfregiate, in odio alla sua persona. Ottiene dalla Curia Vescovile, a pagamento, l’autorizzazione per la loro rimozione e le fa levare.
26 maggio 1495, vigilia dell’Ascensione. Alcuni facinorosi tracciano figure di santi con commenti in versi, in luogo degli affreschi eliminati. Il giorno successivo, durante la processione dell’Ascensione, la gente indignata prende di mira la casa, che viene danneggiata.
31 luglio 1495. Francesco II, assente da Mantova, ma informato dei fatti dallo stesso Norsa, si pronuncia a sfavore del banchiere, scrivendo al fratello Sigismondo. Vuole che l’ebreo, colpevole di “inzuria” verso la Madonna e i Santi “raspati” dalla sua casa, faccia ridipingere l’immagine più bella di prima.
SECONDO ANTEFATTO: LA BATTAGLIA DI FORNOVO
6 giugno 1495. Francesco II, al comando dell’esercito di una coalizione di stati italiani, combatte a Fornovo sul Taro contro Carlo VIII, re di Francia, sceso l’anno prima in Italia per prendere possesso del regno di Napoli. La battaglia, sanguinosa e dall’esito dubbio, vede la fuga del re e viene celebrata come un’importante vittoria italiana. Francesco è esaltato come liberatore.
Nel momento più cruento dello scontro, il marchese fa voto alla Vergine: se avrà salva la vita le dedicherà una nuova chiesa in città.
8 agosto 1495. Frate Gerolamo Redini scrive a Francesco II proponendogli, sulla base di un’ispirazione divina, di costruire sull’abitazione del Norsa una chiesa dedicata a Santa Maria della Vittoria, nella quale Mantegna collocherà la pala votiva.
29 agosto 1495. Redini consiglia nuovamente a Francesco la costruzione della chiesa e l’esecuzione della pala, proponendo suggerimenti iconografici che verranno in parte seguiti.
30 agosto 1495. Sigismondo fa sapere a Francesco II che Norsa ha prontamente versato 110 ducati di risarcimento, e parte della somma è stata anticipata a Mantegna; il resto verrà pagato quando la pala sarà iniziata.
A testimonianza della vicenda, nella Basilica di S. Andrea è conservato un quadro, in origine nel refettorio dei frati cui era affidato il servizio religioso di S. Maria della Vittoria, che rappresenta San Girolamo mentre offre alla Vergine seduta in trono con il bambino il modello della chiesetta. Accanto alla Vergine Santa Elisabetta con San Giovanni, ai piedi del trono, un mesto gruppetto di ebrei riconoscibili dal “filugello giallo” , sopra il capo di Maria, due angeli reggono una targa che recita «Debellata Haebraeorum Temeritate».

L’EDIFICIO

La chiesa ha forme un po’ arcaicizzanti e presenta affinità con le chiese di Santa Maria degli Angeli, Santa Maria delle Grazie e con tipologie riscontrabili anche nella Sagrestia del Duomo.

La struttura architettonica è legata alla tradizione gotica lombarda, in particolare per quanto riguarda l’esterno. Le dimensioni dell’edificio non sembrano determinate dagli armoniosi rapporti numerici che governano le proporzioni delle fabbriche rinascimentali. La facciata è chiusa da paraste angolari che richiamano contrafforti tardogotici, e di gusto analogo sono le cornici di gronda, dalle formelle in cotto con archetti trilobati e foglie stilizzate.

L’interno non è oggi leggibile nella sua unità spaziale. Tuttavia, il profilo a pieno sesto delle tre volte che chiudono la navata al piano superiore, nonché la foggia e gli ornati delle lesene, dei costoloni e delle altre superfici affrescate rientrano appieno nei canoni dell’architettura rinascimentale.
Per quanto è dato vedere dalle tracce rilevabili nella muratura, la chiesa era in origine illuminata da tre finestroni su lato meridionale e dall’oculo sulla parete d’ingresso.
Se la costruzione della ‘scatola muraria’ può essere assegnata, come vuole la tradizione storiografica, al prefetto delle fabbriche gonzaghesche Bernardino Ghisolfo, la soluzione spaziale e i partiti decorativi all’interno sono riferibili alla volontà del Mantegna. A buona ragione, quindi, Giorgio Vasari scrive nel 1568: «E fra l’ultime cose che [Mantegna] fece fu una tavola di pittura a S. Maria della Vittoria, chiesa fabbricata con ordine e disegno d’Andrea dal marchese Francesco, per la vittoria avuta in sul fiume Taro».
LA STORIA RELIGIOSA
1498. Francesco II affida la chiesa a Gerolamo Redini, che l'anno seguente, per l'età avanzata, chiede di ritirarsi a Gonzaga nella chiesa votiva di Santa Maria dei Miracoli.
1499. In Santa Maria della Vittoria si installano i frati eremitani di San Girolamo della Congregazione di Fiesole, guidati da frate Mansueto, definito dal marchese uomo di grande integrità e di eleganti costumi. Padre Mansueto farà adattare a convento un edificio sul fianco settentrionale della chiesa. Il tempio votivo è oggetto di grande devozione popolare: diverse famiglie ragguardevoli chiedono di trovare sepoltura nella chiesa e sui lati si erigono nuovi altari e cappelle.
1670. In seguito alla soppressione della Congregazione di Fiesole, la chiesa diviene abbazia secolare.
1689. L'ultimo duca, Ferdinando Carlo, assegna Santa Maria della Vittoria alla Congregazione dei Filippini che l'amministra e officia anche dopo la consacrazione dell'attigua chiesa di San Filippo.
1797. La chiesa entra nel novero delle soppressioni napoleoniche. La pala viene sottratta dal governo francese e portata a Parigi.
La chiesa fu presto frequentata dai devoti e venne scelta da alcune nobili famiglie come luogo di sepoltura. Nel 1575, nel corso della visita di un prelato inviato dal papa, si annota a verbale che nella chiesa esistono più altari, inadeguati perché di legno e privi della mensa consacrata, ma utilizzati per la celebrazione delle otto messe quotidiane. Quasi un secolo più tardi, nel 1671, un inventario della chiesa enumera quattro cappelle, allineate sul fianco settentrionale.
Due di queste, ancora in parte esistenti, mostrano come per la loro apertura siano state intaccate le lesene originali. Segue una breve descrizione delle cappelle, procedendo dall’ingresso.
1- Altare dei santi Gerolamo e Paola (il santo è già effigiato sulla volta). Gerolamo e Paola si conobbero e cooperarono sia a Roma, in occasione del sinodo del 382, sia in Palestina, ove la santa romana si trasferì e giunse a morte (406). All’altare era una pala con la Vergine e i due santi.
2- Altare di sant’Agostino. Il santo è già presente tra i Dottori della chiesa dipinti sulla volta. La pala effigiava la Madonna “che tiene un Christo morto” e i santi Agostino e Lucia.
3- Altare di Cristo. L’ancona di legno dorato conteneva un “Christo di rilevo”; in alto comparivano le effigi di san Timoteo (discepolo e collaboratore di San Paolo) e sant’Ippolito.
4- Altare di san Michele. Il santo è presente nella pala del Mantegna. Un altare “di pietra viva” era ornato da una pala raffigurante l’Assunzione della Vergine, san Michele, san Ludovico di Francia e i dodici Apostoli. Vi si leggeva la firma del pittore mantovano Bernardino Malpizzi e la data 1609.
EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA

Nel 1877 la chiesa, sconsacrata, fu adibita a magazzino militare. Alla circostanza si deve la suddivisione della navata in due piani, la tamponatura degli alti finestroni originali e l’apertura di quattro nuove finestre per piano, tre sul fianco e una in zona absidale. La porta d’ingresso fu modificata senza che sopravvivano tracce di quella originale, e sul fianco, verso il 1900, lo scultore Paganini, che utilizzava il pianterreno come laboratorio, aprì il portale neogotico su via Fernelli, sopprimendo la porticina secondaria originale. Dagli anni '40 i locali del piano terra ospitarono prima un’officina meccanica e, dal ’42, un’officina di cromatura e zincatura dei metalli; i due ingressi alla navata vennero chiusi con saracinesche scorrevoli. L’officina chiuse l’attività nel 1986, e da allora al 2006 i locali del piano terra rimasero inutilizzati , mentre il piano superiore è tuttora occupato dall’Asilo Strozzi Valenti Gonzaga.


LA VOLTA AFFRESCATA

Al piano superiore, nel 2006, su felice intuizione del direttore del Museo Civico di Palazzo Te, Ugo Bazzotti, sotto vari strati d’intonaco, sono stati scoperti, intatti, nelle dodici vele delle volte della chiesa, affreschi raffiguranti immagini di santi e beati.
Dopo il recupero eseguito dall’équipe del restauratore Augusto Morari, in ciascuna vela è emersa una ghirlanda che incornicia un oculo da cui si affaccia il busto di un santo (segnalato da un'aureola) o di un beato (caratterizzato da una raggiera dorata).
I pittori delle figure sono da ricercare – come segnala il prof. Bazzotti – in ambito veronese, in particolare vengono avanzati i nomi di Domenico Morone (1442 -1517) e di suo figlio Francesco (1471 - 1529).
La stupefacente scoperta delle volte non è visibile dalla navata dell’attuale aula inferiore della chiesa, a causa del soffitto ottocentesco.
In proposito resta acceso il dibattito tra gli studiosi sull'opportunità di rimuovere tale soffitto che, attualmente fa da pavimento agli spazi occupati dal soprastante asilo Strozzi Valenti Gonzaga.
Prima Campata (gli Eremiti):
Cirillo d’Alessandria. Il beato Cirillo, vescovo, riuscì, durante il concilio di Efeso (431), a far riconoscere il dogma della Divina Maternità di Maria, innalzando alvertice della devozione cristiana la Vergine. Fu proclamato Dottore della Chiesa nel 1882, da papa Leone XIII.
Gualtiero, beato, abate di San Martino di Pontoise. Nato in Piccardia, (Francia), fu monaco e dedito all’eremitaggio. Acquistò fama per la sua santità di vita, le sue opere di carità e la sua lotta contro la simonia e la corruzione della chiesa.
Eusebio, santo. Ungherese, di nobile nascita, morto nel 1270. Visse in ritiro sulle montagne di Pilis, dedicandosi alla vita eremitica. La fama della sua santità si diffuse tanto che presto attorno a lui si riunirono gli altri eremiti della regione. Chiese e ottenne da papa Urbano IV di costituire un Ordine religioso che raccogliesse i suoi eremiti: fondò così l’ l’Ordine di san Paolo Primo Eremita.
Carlo da Montegranelli, beato. Nobile di origine, si dedicò alla vita eremitica nei pressi di Fiesole, dove ebbe molto seguito. Ottenne nel 1405, da papa Innocenzo VII, di istituire la Congregazione degli Eremitani di san Gerolamo. ( Fu alla cura di questa Congregazione che fu affidata, alla fine del XV secolo, la cura della chiesa e del convento di Santa Maria della Vittoria).
Seconda Campata (i Dottori della Chiesa):
San Gerolamo. Nato verso il 340 a Stridone, ai confini con la Pannonia (Ungheria) fu battezzato da Papa Liberio all'età di circa 20 anni. Dopo un soggiorno a Treviri, a contatto con i monaci, egli stesso andò a vivere in un deserto presso Antiochia, dove condusse una vita di mortificazione estremamente dura, dedicandosi allo studio dei libri sacri. Morì nel 419 o 420. Il suo corpo riposa a Santa Maria Maggiore. A lui si deve la Volgata in latino della Bibbia.
Sant’Agostino. Nacque a Tagaste (Numidia) nel 354. In giovinezza fu un seguace dell'eresia manichea ed ebbe una vita disordinata, pur studiando a Cartagine, Roma e a Milano. Seguito sempre dalla madre (Santa Monica) ed illuminato dalla guida di Sant’Ambrogio si convertì al cristianesimo. Battezzato nel 387, tornò in Africa per condurvi una vita monastica di preghiera e di studio. Fu ordinato sacerdote nel 391 e quindi divenne vescovo di Ippona. Morì nel 430 mentre era in atto l'assedio dei Vandali. Fu un grande combattente delle eresie, il primo filosofo morale della religione Cristiana e dotto teologo.
Sant’Ambrogio. Figlio di un funzionario romano, dopo la morte del padre studiò, a Roma, diritto e retorica, e iniziò la sua carriera giuridica. Divenuto vescovo, con un’elezione a sorpresa, dopo i tumulti scoppiati a Milano quando l’ariano vescovo Aussenzio morì , nel 374, si rivelò ben presto scrupolosissimo nell’adempimento del suo ufficio. Distribuì tra i poveri il suo non indifferente patrimonio, ed improntò la sua vita ad una rigorosa ascesi, esercitando la carità verso tutti e difendendo, con gli scritti e con l'azione, la dottrina della fede contro gli Ariani. Fu iniziatore dell'innologia religiosa popolare.
San Gregorio, papa. (540 - 604 ). Già prefetto di Roma, divenne monaco e abate del monastero di Sant'Andrea sul Celio. Fu eletto papa nel 590. Nonostante la malferma salute, esplicò una multiforme e intensa attività nel governo della chiesa, nella sollecitudine caritativa, nell'azione missionaria. Autore e legislatore nel campo della liturgia e del canto sacro (che dal suo nome fu detto “gregoriano”), lasciò alla Chiesa non solo l’esempio di un’intensa azione pastorale e civile ma anche molti scritti, omelie e testi liturgici.
Terza Campata (gli evangelisti):
San Marco. Ebreo di origine, nacque probabilmente fuori della Palestina, da famiglia benestante Non conobbe direttamente Gesù (forse assistette alla sua cattura nell'Orto degli ulivi), ma San Pietro lo ebbe certamente con sè nei viaggi missionari in Oriente e a Roma, dove avrebbe scritto il Vangelo. Oltre alla familiarità con san Pietro, Marco può vantare una lunga comunità di vita con l'apostolo Paolo, che incontrò nel 44. Viene venerato da varie chiese cristiane, tra cui quella cattolica, quella ortodossa e quella copta, che lo considera come proprio patriarca e che fonda la propria dottrina sul suo insegnamento. L'evangelista probabilmente morì nel 68. Il simbolo di San Marco è il leone alato, perché inizia il suo Vangelo con la voce di San Giovanni Battista che, nel deserto, si eleva simile a un ruggito, preannunciando agli uomini la venuta del Cristo.
San Matteo. Matteo, chiamato anche Levi, viveva a Cafarnao ed era pubblicano, cioè esattore delle tasse. Seguì Gesù, come ricorda San Luca, liberandosi dei beni terreni. Dopo la Pentecoste scrisse il suo vangelo, rivolto agli Ebrei, per supplire, come dice Eusebio, alla sua assenza quando si fosse recato presso altre genti. Il suo vangelo vuole prima di tutto dimostrare che Gesù è il Messia che realizza le promesse dell' Antico Testamento, ed è caratterizzato da cinque importanti discorsi di Gesù sul regno di Dio. Probabilmente la sua morte fu naturale, anche se alcune fonti lo vogliono martire in Etiopia. Matteo è in genere raffigurato come un vecchio barbuto, con l’angelo al suo fianco che gli ispira la Sacra Scrittura.
San Giovanni. Figlio di Zebedeo, discepolo di Giovanni Battista, sarebbe stato tra i primi a passare al seguito di Gesù. E’ identificato, oltre che come l'autore del Vangelo di Giovanni, delle tre Lettere di Giovanni e dell’Apocalisse, facenti parte del Nuovo Testamento della Bibbia cristiana. Secondo la tradizione, fu testimone della trasfigurazione e dell'agonia di Cristo ed era presente ai piedi della croce, dove Gesù gli affidò la Madre. Giovanni sarebbe morto in tarda età, centenario, ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli. Chiamato fin da tempi remoti con l'appellativo di Aquila spirituale, San Giovanni Evangelista viene rappresentato in molti luoghi di culto con il simbolo dell'Aquila.
San Luca. Unico evangelista non ebreo, nacque ad Antiochia (Siria) e morì all'eta' di 84 anni. Luca, che è santo per cattolici e ortodossi, è autore del Vangelo secondo Luca e degli Atti degli Apostoli, il terzo ed il quinto libro del Nuovo Testamento. Per i cattolici è il santo patrono degli artisti (la tradizione lo indica come pittore) e dei dottori (esercitava la medicina). Viene solitamente rappresentato con il simbolo del toro (il suo Vangelo inizia con il sacrificio di Zaccaria e il toro è appunto l’animale del sacrificio). Le sue spoglie si trovano ora a Padova, nella Basilica di Santa Giustina.

LA PALA
Il 6 luglio 1496, nell’anniversario della battaglia di Fornovo, la pala lascia lo studio di Andrea Mantegna per essere trasportata nella chiesa appena terminata.
Il dipinto è posto su un palco riccamente ornato, accompagnato da figure allegoriche e cantori, che viene trasportato da venti facchini.
La solenne processione prende avvio dalla casa del Mantegna e percorre le attuali: via Acerbi, via Poma, via Carducci, corso Vittorio Emanuele, via Arrivabene fino alla chiesa votiva appena terminata.
Un numero inusitato di persone segue il carro, molti sono venuti dalla campagna per assistere all’evento: la popolazione è in tripudio.
Manca Francesco II, impegnato sul campo militare. La marchesa Isabella, incinta, attende il passaggio del dipinto in Pradella.
Arrivati alla chiesa, si celebra la messa e frate Pietro da Canneto tiene sermone in volgare. Nonostante l’ora tarda, le persone non abbandonano il luogo, pare non si sazino mai di ammirare “opera così degna”.
La pala viene asportata dal governo francese nel 1797 e portata a Parigi. Ora è inclusa nelle raccolte del Louvre col titolo di Vergine col Bambino e sei Santi.
I Personaggi
- Al centro, seduta in trono, la Madonna col Bambino sulle ginocchia
- A sinistra, in primo piano, Francesco II, inginocchiato in armi
- A destra, inginocchiata, santa Elisabetta con san Giovannino in piedi sul piedestallo
- A sinistra in secondo piano san Michele Arcangelo, patrono delle vittorie spirituali
- A destra, san Giorgio, con la lancia spezzata, patrono delle vittorie nel combattimento fisico
- Alle spalle di san Giorgio, san Longino, il soldato romano che trafisse il costato di Cristo sulla croce e che in seguito, convertitosi, giunse a Mantova portando una reliquia del Preziosissimo Sangue
- Sullo sfondo a sinistra, sant’Andrea, al quale è intitolata la basilica in cui si conserva la reliquia del Preziosissimo Sangue
- Sulla predella, a finto bassorilievo, sono raffigurati tre episodi della Genesi: La creazione di Adamo, a sinistra; Il peccato originale, al centro; La cacciata dal Paradiso terrestre, a destra.
Le immagini simboliche
La pala è ricca di elementi solo apparentemente decorativi e festosi: piante di agrumi, uccelli, perle. In realtà, molti dei dettagli dipinti in questa sacra conversazione, avevano, agli occhi dello spettatore colto dell’epoca, significati precisi, legati a una ricca tradizione iconografica e bibliografica.
Si accenna ai principali, riferibili alla Vergine e a Cristo:
- perle, conchiglia: rimandano alla purezza di Maria, la conchiglia, da cui nasce la perla, Gesù
- sfere di cristallo: sono effigie della verginità di Maria
- corallo: rappresenta il sacrificio che dà vittoria sul male
- pigna: è uno dei simboli di Cristo
- nodo senza fine (nella spalliera del trono): è emblema di unione e di fedeltà
- pappagalli: rappresentano Gesù, nato senza peccato originale
- garofano (in mano al Bambino): simboleggia l’amore divino e la passione di Cristo
- arancio e il limone: gli agrumi alludono alla Madonna, perché portano nel medesimo momento il fiore
e il frutto, allo stesso modo in cui la Madonna è al contempo vergine e madre.